Sul caso EMA emergono sempre di più dettagli inquietanti ed è legittimo il ricorso del sindaco Beppe Sala alla Corte dei Conti d’Europa. Diciamolo chiaro: si deve portare EMA a Milano, e sono felice che si stiano seguendo tutte le piste necessarie.
Milano, 21 febbraio 2018 – Nel documento originario del dossier presentato dai Paesi Bassi per Ema, erano previsti due edifici come sedi temporanee dell’Agenzia del Farmaco ad Amsterdam, in attesa della costruzione della sede definitiva, il Vivaldi Building: si trattava del Tripolis e dell’Infinity Business Center. Salvo poi, dopo l’aggiudicazione con il sorteggio-beffa ai danni di Milano, cambiare le carte in tavola e indicare lo Spark Building come sede temporanea di Ema. E lo stesso Spark sarebbe più piccolo dell’attuale sede londinese dell’Agenzia.
Attacca a testa bassa, Giuseppe Sala. Nel mirino c’è prima di tutto il governo olandese. Ma di settimana in settimana aumentano anche le perplessità sulle modalità con le quali l’Unione europea sta gestendo il trasloco dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) da Londra ad Amsterdam. E di settimana in settimana il sindaco di Milano è sempre più determinato nell’ottenere una riconsiderazione dell’assegnazione: il capoluogo lombardo, il 20 novembre scorso, fu battuto solo al sorteggio.
Ieri Sala ha annunciato un ricorso alla Corte dei Conti europea. Ed è lo stesso primo cittadino a spiegarne i motivi: «Oggi (ieri, ndr) il governo olandese è stato costretto a rendere pubblici gli atti che aveva secretato. Da questi atti abbiamo capito che i nostri sospetti erano fondati. Le due sedi temporanee che gli olandesi avevano proposto nel dossier sono scomparse. La nuova sede che propongono ora è appunto una sede diversa da quelle con le quali si sono candidate ad ospitare l’Ema ed evidentemente questa terza sede non ha nemmeno le dimensioni sufficienti. Pensate se avessimo fatto una cosa del genere noi italiani – sottolinea il sindaco ai microfoni del telegiornale de La7 –. A questo punto aggiungo un’altra azione. Faccio un ricorso alla Corte dei conti europea perché si configura un danno per i cittadini europei e quindi anche per le nostre tasche».