Il boom di Matera in termini di crescita economica ed occupazione dimostra una cosa molto semplice: se unissimo il patrimonio turistico e culturale ad un’accurata gestione dei grandi eventi e all’attrazione di investimenti esteri con un focus al digitale e a una politica industriale del turismo centralizzata potremmo innescare il boom dell’intero Mezzogiorno, e con esso dell’Italia intera.
C’era una volta la Matera fotografata dalla Magnum, primitiva e contadina, abitata nello stesso spazio da uomini e animali. Oggi c’è una città-museo abitata da edge-ryder (attivisti per l’innovazione delle comunità), da linkers (esperti di coinvolgimento del pubblico), da change-makers (professionisti della produzione culturale), e la cui filosofia si definisce “un-monastry” (fuori dal monastero), per dire dell’obiettivo di creare legami con il lontano, dialogo interculturale fuori dalla regola, il tutto condito di ecologia, sostenibilità, uso delle capacità delle comunità locali.
Intanto l’Enel cabla la città con la fibra ottica superveloce, e le startup digitali fanno boom. Se un primo risultato Matera capitale della cultura l’ha certamente raggiunto, anzitempo rispetto al 2019, è quello di creare un fantastico slittamento tra passato e presente che è già un brand. Talmente seducente da produrre un miracolo spontaneo che nessun Piano di Rinascita avrebbe potuto ottenere. Oggi Matera è talmente “cool” che non puoi non esserci stato, e persino il “New York Times” ha messo, grazie a lei, la Basilicata tra le mete di quest’anno. “Gabriele Salvatores l’ha definita una New York al contrario: la Grande Mela tutta sviluppata in alto, Matera tutta ritratta nel sottosuolo, nelle viscere della terra”, dice Antonio Calbi, lucano, direttore del Teatro di Roma e tra i promotori della candidatura a capitale.
È per questo fascino senza tempo che, ancor prima del fatidico ’19, l’anno evento in cui si svolgeranno le grandi manifestazioni culturali pensate dalla Fondazione Matera19 guidata da Paolo Verri, la città ha già cambiato volto. “Se l’edilizia a livello nazionale è in crisi, da noi lo è molto meno”, spiega Pasquale Lorusso, presidente della Confindustria regionale, e questo grazie anche al fervore di investimenti privati sul patrimonio immobiliare dei Sassi, trasformati in albergo diffuso, B&B, stanze da locare, e alla fungaia di ristoranti, paninoteche, bar (erano 15 due anni fa, ora sono 90), per rifocillare i turisti spossati dal su e giù dei luoghi. Talmente numerosi ormai, questi locali, da far dire al sindaco Raffaello De Ruggieri: “Non possiamo trasformare la città in una pentola. Il turismo non può essere l’unica soluzione per la città: se non diamo qualità economica, che cosa resterà?”.